Torino è una città dalle mille tradizioni. Oltre che essere conosciuta per la sua storia, la sua cultura, la sua arte e per tante altre cose, è famosa in tutta Italia anche per la sua gastronomia.
La cucina torinese – e quella piemontese ovviamente – ha origine sia dagli usi del patrimonio contadino che dai gusti più nobili della corte dei Savoia. Ed è così che ne esce un mix fatto di diversi ingredienti combinati tra loro per dar vita a piatti a volte complessi, robusti e sostanziosi.
Di seguito i cinque piatti più caratteristici che sono nati in Piemonte.
Vitello tonnato
Il Vitello tonnato, detto nella nostra regione “vitel tonnè”, è nato in Piemonte ai tempi dei Savoia, nel 1700, dove la lingua prediletta era il dialetto piemontese che, come si sa, ha in comune parole simili al francese.
Veniva chiamato tonnè – in francese “conciato” – non perché all’inizio ci fosse nel suo composto già il tonno, ma per dare un tono a un piatto che invece era molto più umile e popolare, essendo ingrediente principale l’avanzo di carne di vitello. Il tonno venne aggiunto solo alla fine dell’800, mentre la maionese venne introdotta il secolo seguente.
Bene, dopo le sue origini, ecco in breve illustrata la sua versione attuale.
Solitamente servito come antipasto freddo, il vitello tonnato è preparato con una base di carne di fassone marinata nel vino bianco, poi fatta bollire e tagliata in fette sottili, ricoperta da una salsa tonnata composta da tonno, capperi, acciughe e maionese. La peculiarità di questo piatto è che la carne non deve essere fatta stracuocere, altrimenti risulterebbe troppo stopposa invece di “sciogliersi in bocca”.
Bagna cauda
Tra tutti i piatti piemontesi, questo è sicuramente il più popolare e conosciuto d’Italia.
È nel medioevo che troviamo i primi indizi che parlano di questa salsa tipica piemontese, ma diventa una vera e propria ricetta solo nell’Ottocento.
Il piatto era molto diffuso in quanto era facilitata l’importazione delle acciughe tramite “le vie del sale”: vie aperte tra Piemonte e bassa Provenza utilizzate per importare sale e materie prime.
Servita abitualmente nelle stagioni autunnali e invernali, vi chiederete a questo punto cosa contiene questa famosa salsa: aglio, olio e acciughe. Sembra semplice? Vero, ma è colei che dà gusto e ricchezza principalmente a tutte le verdure di stagione, cotte o crude a vostro piacimento (ne è tipico il peperone).
Agnolotti
Passando ai primi piatti, non si può non parlare degli agnolotti alla piemontese. Noi torinesi, e piemontesi in generale, siamo molto fieri di questo prodotto, dato che è stato inserito nell’elenco dei Prodotti Agroalimentari Tradizionali Italiani (PAT) e tutelato secondo un disciplinare della Regione Piemonte.
La nascita dell’agnolotto è lontana, a cavallo tra il basso Medioevo e il Rinascimento, e vi sono due teorie riguardo l’origine del suo nome, ancora incerte: la prima risale a un cuoco del Monferrato di nome Angiolino e soprannominato Angelòt, da cui il nome “agnolotto”; la seconda, più moderna, cita il nome “anolòt” per derscrivere un attrezzo di ferro usato per tagliare la pasta a forma di anello (la variante primitiva che assunsero gli agnolotti).
La forma abituale resta comunque quella quadrata, con il ripieno racchiuso da due forme di pasta all’uovo. Ne esistono diverse varianti, ma quella accreditata vede il ripieno a base di carne arrosto. Per quanto riguarda il condimento, le ricette più tradizionali sono: con sugo di carne arrosto, con burro e salvia, con ragù di carne o in brodo, sempre di carne.
Tajarin
Restando sui primi piatti, per la gioia dei nostri palati ecco un altro tipico tipo di pasta piemontese: il tajarin (o taglierin).
Dalle terre delle Langhe e del Monferrato, e poi diffusi in tutto il Piemonte, i tajerin vedono le loro origini già dal ‘400, come piatto consumato nelle feste e nelle occasioni particolari. Nei secoli giunsero persino nel piatto del Re Vittorio Emanuele II, infatti erano e sono considerati tutt’ora un piatto sostanzioso e ricco: il loro colore giallo forte infatti è dato dal considerevole numero di tuorli d’uovo utilizzati nella preparazione.
Ma come sono fatti i tajarin? Sono dati da una pasta all’uovo tradizionalmene lavorata a mano, tagliata in finissime strisce (pochi millimetri), e serviti tipicamente con conditimenti forti, come funghi, sugo d’arrosto e burro, formaggio e tartufo.
Bunet
Per i palati più golosi, eccoci arrivati al dolce, uno dei più caratteristici piemontesi che non può mancare nei menù dei ristoranti più in voga – e non solo – della nostra regione. Stiamo parlando del bonèt (o bunèt), un dessert, o meglio di budino, il cui nome ha origini bizzarre. Nel dialetto piemontese “bonèt” significa cappello tondeggiante, dalla tipica forma dello stampo di rame in cui era cotto il dolce. Ma “cappello” può avere anche un’altra interpretazione: come questo capo viene indossato per ultimo prima di uscire di casa, anche il dolce è l’ultimo piatto servito nei menù.
Le prime testimonianze del bonèt risalgono tra il XVII e il XVIII secolo, ma era una versione diversa da quella originale. Il suo composto era infatti bianco, poichè fatto con gli stessi ingredienti tranne il cacao, non essendo ancora così diffuso. Questa tipologia è detta “alla monferrina”, molto simile al crème caramel, ma non molto conosciuta.
Quindi… da cosa è composto questo dolce “cappellino”? Non troppi ingredienti dal mix dolce e amarognolo allo stesso tempo: uova, zucchero, latte, cacao, amaretti e rum… cosa volere di più?
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